Per trattare una determinata patologia molte volte una sola figura specialistica non basta, per questo viene preferito un approccio multidimensionale, interdisciplinare, pluriprofessionale integrato. Di esempi ce ne sono tantissimi in ambito medico come nei disturbi neurodegenerativi, oncologici o alimentari. In particolare se prendiamo in considerazione il dolore di origine muscolo-scheletrica l’osteopata è una figura interessante che è spesso legata ad altre figure specialistiche.
Infatti durante la prima fase, ovvero quella anamnestica o durante la fase dei test di valutazione può essere rilevata una “red flag”. Questo termine indica segni e sintomi riscontrati nell'anamnesi e nell'esame clinico del paziente che possono essere legati ad un disturbo o ad una patologia grave.
Il professionista osteopata è tenuto a mandare il paziente a figure mediche idonee che possano diagnosticare una sospetta problematica. Oltre a questo l’osteopatia può essere una terapia particolarmente utile in diverse problematiche. Ad esempio all’interno delle linee guida del trattamento per la lombalgia non specifica è consigliato il trattamento osteopatico, inoltre esistono alcune revisioni sistematiche che incoraggiano l’uso dell’osteopatia per problemi della pelvi e schiena in gravidanza, intestino irritabile, cefalea primaria e nella riduzione di degenza dei neonati pretermine.
Dall’approccio multidisciplinare all’approccio interdisciplinare
Considerato dunque quanto può essere importante l’approccio multidisciplinare, bisogna considerare anche una sua evoluzione ovvero l’approccio interdisciplinare, dove i membri del team oltre a collaborare per l’obbiettivo comune, come succede nell’approccio multidisciplinare, collaborano nella valutazione e nel trattamento utilizzando un modello e obiettivi biopsicosociali condivisi.
Proprio riguardo quest’ultimo punto, uno studio svolto nel 2020 da OPERA-IT svolto su 4816 individui ha stimato che il 41,6% degli osteopati dichiara di lavorare come parte di un team. Di questi osteopati il 23,3% lavora con fisioterapisti, il 21,6% con medici specializzati e il 19,6% con altri osteopati. Per quanto dallo studio si noti come sia un numero inferiore alla metà, bisogna comunque considerare che gli osteopati che lavorano come parte di una squadra sono significativamente più giovani dei loro colleghi che lavorano come professionisti individuali.
Oltretutto un motivo per cui gli osteopati siano meno della metà è sicuramente dato dal fatto che l’osteopatia è diventata professione sanitaria nel 2018 e ancora oggi non sono stati completati i decreti attuativi che porterebbero l’osteopata all’interno di strutture ospedaliere. Infatti gli osteopati che lavorano in team sono nella maggior parte dei casi all’interno di strutture poliambulatoriali private.
Questo tendenza della nuova generazione di osteopati a lavorare come un team interprofessionale con gli altri professionisti sanitari e a riconoscere il valore aggiunto che l'assistenza interprofessionale fornisce ai pazienti potrebbe permettere qui in Italia agli osteopati di essere integrati all'interno dei già esistenti team di professionisti sanitari.
La pratica interprofessionale è stata descritta come un processo che può influenzare tre ambiti della sanità; vale a dire, migliorare l'esperienza del paziente con il trattamento, migliorare la salute della popolazione e ridurre i costi sanitari pro capite. Per questo motivo integrare ulteriori figure che possono essere utili in alcune situazioni muscolo-scheletriche come appunto gli osteopati. Si potrebbe rivelare interessante e utile per il paziente in cura e per la struttura ospedaliera. Nel frattempo già all’interno di diverse strutture poliambulatoriali private l’osteopata può essere già annoverato all’interno del team.
Alessandro Mariotti osteopata DO, Studio Volta
Bibliografia
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